I
FILM
500!
Una vita non violenta
L'illusionista del Po'
Regina
Coeli
La vita altrui
Gostanza
da Libbiano
Non con un bang
(Italia 2000,
35mm, B/N, formato 1 x 1,33, durata 92 minuti). Regia: Paolo Benvenuti.
Sceneggiatura
(dagli atti originali del processo): Stefano Bacci, Paolo Benvenuti, Mario Cereghino.
Fotografia: Aldo Di Marcantonio. Suono in presa diretta: Fabio Melorio. Scenografia:
Paolo Barbi, Paola Peraro, Paolo Fischer. Costumi: Marta Scarlatti. Montaggio:
César Meneghetti. Collaborazione alla regia: Paola Baroni. Produzione: Giovanni
Carratori per ARSENALI MEDICEI srl. Distribuzione: Lab 80 film Bergamo, K 3
FILMS Torino.
INTERPRETI
Lucia Poli
(Gostanza da Libbiano),
Valentino Davanzati
(Monsignor Roffia),
Renzo Cerrato
(Padre Costacciaro),
Paolo Spaziani
(Padre Porcacchi),
Lele Biagi (il
notaio Viviani),
Nadia Capocchini
(Monna Lisabetta),
Teresa Soldaini
(Dianora).
TRAMA DEL FILM
Anno 1594, San Miniato al Tedesco nel Granducato
di Toscana. Monna Gostanza da Libbiano (Diocesi di Lucca), una contadina di
sessant'anni, esercita da sempre il mestiere di guaritrice. La sua pratica di
"misurare i panni ai malati per conoscerne i mali" mette in sospetto le autorità
ecclesiastiche locali. Arrestata per ordine del Vescovo di Lucca, a seguito
di una breve istruttoria, viene accusata di stregoneria. Due vicari, il reverendo
Roffia e padre Porcacchi, la sottopongono per molti giorni a lunghi ed estenuanti
interrogatori volti a farle confessare "pratiche diaboliche". Lentamente ma
inesorabilmente, piegata da ripetute torture, Gostanza cessa di proclamare la
sua innocenza per entrare nel personaggio della strega. La donna inizierà così
a costruire un suo mondo metafisico, scatenandosi nelle fantasie più fervide:
malìe, delitti, vampirismi, metamorfosi, voli notturni e baccanali alla Città
del Diavolo, confessioni che le consentono di sfruttare in modo personalissimo
e originale l'inesauribile ricchezza dell'immaginario popolare e contadino.
Da grande affabulatrice, con la vivezza delle immagini evocate, Gostanza soggioga
e ammalia gli inquisitori, provocandoli fin nelle loro più segrete frustrazioni
sessuali. Forte di questa nuova identità e del potere esercitato sui suoi astanti,
la donna pare pronta ad affrontare a testa alta il proprio inesorabile destino.
Ma ecco apparire, sulla scena processuale, il Grande Inquisitore di Firenze,
padre Dionigi Costacciaro. Il terribile vecchio vuole ascoltare anche lui le
confessioni della strega. Avviene così uno strano ed inaspettato ribaltamento
della situazione: mentre l'inquisitore confuta una ad una le colpe dell'inquisita,
Gostanza difende con forza la propria identità di strega. Da quel momento, l'immaginario
codificato della Santa Fede e quello metafisico della fantasia popolare, si
contrappongono con pari veemenza in un duello verbale. Ed è un colpo di teatro
a risolvere il conflitto: davanti ad una povera vedova in catene, indicata dall'inquisita
come sua complice nelle pratiche diaboliche, Gostanza finirà per crollare...